12/07/2018
"Riformare" la "riforma" degli appalti, rafforzando la lotta alla corruzione senza appesantire le procedure amministrative e rilanciando gli investimenti pubblici attraverso la riduzione del ruolo di ANAC.
Questo l’annuncio del Governo, o almeno questa è l’interpretazione giornalistica sulle sue reali intenzioni, dopo la delusione sui risultati del lavoro di ANAC manifestata nel discorso di investitura dal premier Conte. Che, come noto, ha poi telefonato a Cantone dichiarando che nessuno nel Governo pensa a ridurre il ruolo di ANAC.
Cantone ha reagito in modo inappuntabile ricordando a tutti che il proprio mandato scade nel 2020. E che, fino a prova contraria, eventuali modifiche del Codice sono nella disponibilità e responsabilità esclusiva di Governo e Parlamento.
Il Governo ha così istituito una “task force” con lo scopo di predisporre “chirurgiche” azioni di semplificazione di un Codice che, a oltre due anni di distanza dal varo, attende ancora 30 decreti attuativi per diventare pienamente operativo. E che certamente ha tradito l’annunciata promessa di semplificazione, visto che, una volta completata la stesura dei decreti, conterrà un numero di parole pari al 251% di quelle contenute nel Codice (e nel Regolamento) previgente.
Nella task force è stata chiamata a far parte anche ANAC, che ha puntualmente accettato.
Una scelta masochistica per un’Autorità indipendente, e come tale cosa ben diversa da un’articolazione governativa o da una struttura di consulenza dell’esecutivo. Il quale ha tutto l’interesse a coinvolgerla e anzi a rimarcarne la collaborazione perché nessuno osi mettere in discussione il proprio impegno nella lotta nella lotta alla corruzione. Se poi le misure predisposte dovessero dimostrarsi inefficaci, avrà sempre uno scudo dietro cui ripararsi. Oppure una struttura verso cui manifestare delusione per l’inefficacia dei risultati conseguiti.
L’autorevolezza di ANAC, come quella di tutte le Autorità indipendenti, è inversamente proporzionale al livello di coinvolgimento nella materiale stesura della normativa di settore. Sulla base della quale saranno chiamate a svolgere il proprio ruolo di indirizzo, di vigilanza e garanzia, anche attraverso la “soft law”.
La separazione dei poteri è una regola fondamentale in ogni sistema democratico. A maggior ragione in quello italiano caratterizzato da una bulimia regolatoria senza freni, in particolare nel settore degli appalti, che mette in discussione l’autorevolezza di ANAC relegandola di fatto nel ruolo di (improbabile) interprete di una normativa tanto “intorcinata”.