21/04/2020
Dopo una difesa d'ufficio dell'attività svolta dall'Autorità, segue una descrizione dei fatti più legata ai principi che non ai dati reali tristemente sperimentati dagli operatori della pubblica amministrazione. Merloni parla infatti di una "riduzione della normativa primaria", di una "soft law (nella forma di Linee guida dell'ANAC) rivolta alle amministrazioni perché operino con maggiore discrezionalità e responsabilità", di una "attenzione al perseguimento sostanziale dell'interesse pubblico", "riqualificazione delle stazioni appaltanti".
Merloni riconosce tuttavia che "le linee guida non sono state percepite per quello che la legge vuole, cioè delle raccomandazioni, ma come ulteriori vincoli; le imprese hanno chiesto interventi contraddittori, da un lato maggiori vincoli e dall'altro più deroghe ai vincoli così posti". Il presidente ANAC si mostra molto critico sia nei confronti del depotenziamento dell'Autorità sia nella promozione del "modello Genova", con l'istituzionalizzazione diffusa di commissari dotati di ampi poteri derogatori per la realizzazione delle opere, fino ad arrivare a proposte più estreme di soppressione di tutto: gare europee, controlli paesaggistici, certificati Antimafia, ecc.
Fin qui le pur legittime prese di posizione, quello che si scosta tuttavia dalla realtà è la visione di un'ANAC che abbia saputo "rendere più efficace e meno invasivo l'intervento nel settore, concentrando la sua attenzione su tre asset principali: il precontenzioso (al fine di prevenire l'eccessivo ricorso alla giurisdizione), la vigilanza collaborativa (che affianca le amministrazioni, prevenendo azioni illegittime) e il potere di ricorso rapido, diretto, al giudice amministrativo (in caso di gravi illegittimità nelle scelte delle amministrazioni)".
Esattamente gli asset che hanno reso evidenti le “criticità” in capo ad ANAC.
La lettera aperta si conclude con un invito alla collaborazione di tutti i soggetti coinvolti. Ma la soluzione proposta tradisce un'inguaribile cultura dirigistica: "realizzare un massiccio investimento pubblico teso a ricreare, con nuovo personale ad elevata competenza tecnica e con un deciso rilancio dell'utilizzazione delle tecnologie informatiche, quell’amministrazione di qualità che si è perduta negli ultimi vent’anni".
Qualcuno dovrà pure spiegare ad ANAC che l’amministrazione di qualità è incompatibile con il bigottismo normativo imperante e che i Comuni utilizzano le tecnologie informatiche, a piene mani, da anni, prima ancora dell’entrata in vigore dell’obbligo delle gare online. Sviluppando buone pratiche sulla base della cooperazione e della sussidiarietà e conseguendo, oltre a risparmi e semplificazione, anche trasparenza e tracciabilità. Veri antidoti ad ogni forma di malaffare e corruzione. Più efficaci di tante norme anticorruzione, che a loro volta alimentano il bigottismo normativo.
La proposta ANAC rappresenta una sorta di dirigismo "decentrato", attraverso il commissariamento di realtà territoriali che, al contrario, hanno mostrato di sapersi attrezzare per contrastare le pastoie burocratiche romane. Puntando sulla formazione continua e sulla gestione associata degli appalti. Con risultati premiati recentemente a Maastricht.
Qui lettera aperta ANAC 9 aprile 2020