15/06/2017
La Relazione sui risultati della Spending review approvata dal Governo è piena di affermazioni di principio e di propaganda. Si ci limita a sommare i risparmi ipotizzati al varo dei diversi provvedimenti di spesa varati dal 2014 ad oggi. Senza minimamente preoccuparsi di controllare quanti di questi risparmi attesi si siano tradotti in realtà.
Sul fronte dei Comuni, poi, non ci si cura di presentare numeri, ma solo affermazioni apodittiche. La Relazione indica, infatti, la strada delle “aggregazioni e accorpamenti volti a raggiungere una sufficiente massa critica”. In particolare vengono vantati gli “Incentivi alle fusioni dei piccoli comuni introdotti nel 2014, che hanno finora indotto 120 comuni a fondersi”.
Incredibilmente, manca però ogni riferimento non solo all’entità dei risparmi conseguiti, ma anche alla spesa sostenuta per gli incentivi. Eppure, almeno quest’ultima, dovrebbe essere nota perché gli incentivi sono ormai maturati negli anni dal 2014 al 2016.
Ancora una volta siamo in presenza di affermazioni ideologiche e di propaganda senza il supporto di un minimo riscontro nella realtà.
ASMEL, da anni mostra tabelle e dati desunti da ISTAT e dalla banca dati SIOPE del Ministero delle finanze, che dimostrano senza ombra di dubbi come gli accorpamenti imposti o subiti, producono costi e non risparmi. Senza riuscire a scalfire le granitiche certezze della politica e degli apparati romani.
C’è voluto un Tribunale per asseverare la nostra tesi. Il TAR LAZIO ha recentemente trasmesso alla Consulta gli atti del ricorso presentato per veder affermata l’incostituzionalità delle norme sull’accorpamento coatto dei piccoli Comuni. Riconoscendo la non manifesta infondatezza del ricorso che aveva evidenziato la lesione di ben 11 principi costituzionalmente garantiti. In primis, quello della ragionevolezza delle leggi, avendo ASMEL denunciato che una norma sulla spending review causava maggiori costi e non risparmi.