06/09/2018
Il TAR Lazio ha accolto il ricorso ASMEL contro il Decreto del Ministero delle Infrastrutture sui compensi ai Commissari di gara, e ne ha sospesa la parte contestata che ne fissava in 3000 euro il valore minimo. Valore esorbitante secondo ASMEL, perché determinava oneri di gara aggiuntivi per almeno 11.000 euro (tre commissari più trasferte), con spreco di denaro pubblico e rischio del blocco, di fatto, delle gare nella fascia tra 40 e 500mila euro, il 75% di quelle pubblicate dai Comuni.
“Il decreto è stato approvato” afferma Francesco Pinto, Segretario generale ASMEL, “nel silenzio assordante di ANCI, che avrebbe dovuto tutelare gli interessi di questi ultimi e con il consenso di ANAC, che avrebbe dovuto garantire il rispetto della legalità, invece di esprimere improvvidamente Parere favorevole ad un Decreto, chiaramente illegittimo perché in contrasto con il dettato del Codice degli Appalti come ha sancito il TAR”.
Secondo ASMEL, “Il consueto “collaborazionismo” di ANCI è questa volta ancora più grave, in quanto dietro questa vicenda si cela un pregiudizio insensato degli apparati romani nei riguardi degli Enti locali. Pregiudizio evocato recentemente anche da Raffaele Cantone, nel corso dell’Audizione al Senato di fine luglio: Il punto vero è che c’è questa preoccupazione enorme fra gli Amministratori locali, soprattutto fra la burocrazia delle amministrazioni locali, il vero grande tappo al sistema dei lavori pubblici. Nessuno si vuole assumere la responsabilità di firmare.
“Il Presidente ANAC, con il suo consueto candore”, continua Pinto, “ha svelato il pregiudizio degli apparati romani contro le autonomie locali, in base al quale la riforma degli appalti non decolla, non perché scritta male, ma perché gli addetti ai lavori sono inetti o incompetenti. Pollice verso, dunque, contro i dipendenti pubblici da sostituire nelle Commissioni di gara con professionisti privati. Per attrarre i quali occorre fissare compensi minimi adeguati alle parcelle professionali.”
ASMEL contesta questa impostazione ricordando che competenze, professionalità e impegno dei dipendenti pubblici sono più facilmente rinvenibili nei Comuni, in primis quelli piccoli e medi, piuttosto che nei carrozzoni romani. E che questo pregiudizio non solo costa caro all’erario, almeno 1,5 miliardi di euro, ma mette in discussione un principio di garanzia ed imparzialità essenziale negli appalti pubblici. Nel vecchio Codice era scritto a chiare lettere che solo i dipendenti pubblici potevano partecipare alle Commissioni di gara, salvo eccezioni legate a carenze di organico da documentare adeguatamente. Il nuovo Codice ha previsto un Albo nazionale dei Commissari a presidio della trasparenza e della imparzialità. Solo che in questo Albo professionisti privati e dipendenti pubblici pari sono. Questi ultimi, se aspirano a ricevere un compenso, versano come i privati una “fiche” di 168 euro all’anno e se va bene possono ottenere un compenso minimo di 3000 mila euro.
“Un meccanismo non proprio esaltante” insiste Pinto, “in un contesto in cui la chiarezza della norma, unico vero argine a sprechi e malaffare, è scomparsa dall’orizzonte. La normativa sugli Appalti pubblici si è trasformata ormai in un manuale di enigmistica giuridica. Il nuovo Codice, a oltre due anni dal varo, attende ancora di essere completato (mancano 36 Decreti attuativi), ed è facile calcolare che, una volta completato (altri due anni?), esso, insieme ai 66 decreti di attuazione, conterrà il 309 % delle parole contenute nel vecchio Codice, comprese quelle del vecchio glorioso Regolamento. L’esatto contrario della semplificazione annunciata.”
L’Ordinanza del TAR ha rinviato tutti al 22 maggio prossimo per l’udienza di merito. L’iscrizione all’Albo, annunciata da ANAC per il prossimo 10 settembre, con tutta probabilità, verrà rinviata sine die.
C’è tutto il tempo per riflettere e per trovare una soluzione equilibrata tra i tanti interessi in campo.
Qui l'articolo del 08/08/2018 del Mattino
Qui l'articolo del 07/08/2018 di Italia Oggi
Qui l'articolo del 06/08/2018 del Sole24Ore
Qui l'articolo del 09/08/2018 del Sole24Ore
Qui l'articolo del 22/08/2018 del Fatto Quotidiano